Dicono di noi

Mi cantava l’alba
di Bepi De Marzi, compositore e direttore del coro “I Crodaioli”

egs2010_08230_fotosandonCantava, mia mamma, la storia del San Carlone di Arona: “Meraviglia del mondo, si specchia nel Lago Maggiore”. Quando era ragazza, a Milano, la sua “Scuola per Giovani Allieve di Computisteria”, con sede principale appena dietro il Corso di Porta Romana, organizzava ogni anno, a maggio e di domenica, il viaggio con le Ferrovie Nord fino a Laveno, poi, in battello, il giro del lago con “sosta più lunga” ad Arona per salire alla “Meraviglia del mondo”.

E mi recitava una filastrocca in dialetto meneghino che forse canzonava un poco il “Sancarlun”, che a me bambino pareva un allegro girotondo. Alla fine, però, quasi sempre, intonava un canto bellissimo. Oh, se lo ritrovassi! Diceva di Arona e dell’alba, di quando il sole illumina le case bianche più alte sulle colline, infilando i suoi raggi nei boschi a svegliare gli uccelli, invitando i gabbiani delle rive alla pesca, indorando la Rocca, carezzando il paese sul ritmo tranquillo dell’onda, sul profumo del pane, mentre le vele colorate dei pescatori aspettavano il primo vento.

E ora, nel tempo impensabile, tra il Lago e le colline che preludono le montagne, idealmente ai piedi del Grande San Carlo, c’è questo amabilissimo Coro che intona le mie storie, le mie speranze, le mie illusioni, i miei desideri mai conclusi. Canta perfino “Capinera”!, il mistero del bosco, con le voci soliste che, invitando alla felicità dei rami fioriti dalle melodie, confidano l’emozione della notte e dei sogni.
Grazie, maestra Mariangela, grazie Amici del Coro La Rocca!


Il Coro La Rocca che canta il lago con il suo fascino e i suoi misteri

di Bepi De Marzi, compositore e direttore del coro “I Crodaioli”

EGS2010_28386_fotoSandon

Dove il Lago Maggiore si restringe nella sua parte più meridionale, quasi a indurre l’acqua a defluire lenta nella suggestiva solennità del Fiume Ticino, la sponda piemontese spinge a levante un breve promontorio sul quale è stata innalzata la Rocca.
Il gruppo di amici che nel 1995 ha dato vita al Coro non poteva dunque non guardare alla nobiltà dell’alta costruzione colorata di sole e di storia. Coro La Rocca, dunque, la Rocca di Arona.
E subito, per le quattro voci miste affidate alla direttrice Mariangela Mascazzini, musicista, c’è stata la ricerca di un repertorio che potesse raccontare il lago, i boschi, le montagne, la fatica di vivere, le piccole felicità, la fede.
Il lago con il suo fascino e i suoi misteri. I boschi di castagni svettanti, di faggi lucenti e innamorati delle stagioni, di eleganti betulle, di abeti sempreverdi, di carpini e noccioli, di pino mugo balsamico. Le montagne che a nord hanno raccolto e conservano le grandi storie, anche drammatiche, non ultime le tragiche vicende della guerra tra fratelli. La vita quotidiana con le sue necessità, le sue ansie, le sue speranze e le sue pensosità al calare del giorno.
Senza dimenticare che un poco più in alto, in una Pieve appena discosta dalla riva, veniva a cercare ispirazione, silenzio e raccoglimento, Alessandro Manzoni. “L’ombra che viene azzurra le colline, giù nella valle si chiudono le rose; chi spegne il giorno conosce bene il sole; chi spegne il giorno conosce i nostri sogni”. È stato facile trovare nei canti di Bepi De Marzi – il grande compositore e poeta vicentino – molti di questi sentimenti.
E lungo gli anni, le immancabili, normali vicende di quasi tutti i cori: i concerti, le rassegne, gli inviti prestigiosi, le festose e generose presenze nella piccola terra di vita, i lunghi viaggi anche all’estero, fino all’affermazione come complesso originale, unico magari, felicemente libero dagli schemi che caratterizzano i grandi filoni dell’ispirazione popolare, della polifonia o del genere sacro.